Da piccolo ho sempre sognato di fare lo scrittore. Certo, se uno sogna, meglio farlo in grande: campare tutta la vita leggendo e scrivendo ogni tanto qualche best seller. Poi crescendo ho aggiustato il tiro e il mestiere dello scrittore si era trasformato in quello di giornalista, pur sempre la penna dovevo usare. Alla fine, per completare l’opera e mai pago, mi ero ripromesso di diventare fotoreporter. Unire le due passioni, quella di immortalare la vita attraverso gli scatti e di raccontare poi da solo le storie vissute, anche solo come spettatore. Adesso mi ritrovo a farmi tante domande, quella più importante se valga o meno la pena continuare su questa strada.
Sarà che è tornato il caldo, che sono mesi che vado avanti con lavoretti saltuari, che mi sono stufato di vedere sempre più cose non piacevoli nel settore professionale che ho scelto. L’ultima è fresca fresca, giunta via Facebook anche a me, ma chissà da quanto si sapeva. Vi voglio rendere partecipi. Colpevole della classica goccia che fa traboccare il vaso La Biennale di Venezia, contro la quale tengo a precisare che non ho nulla in contrario, se non in un caso specifico: quello relativo alla liberatoria per le riprese fotografiche. Vi invito a scaricare il PDF, ma per comodità vi riporto uno dei punti chiave dello stesso:
“Il sottoscritto si impegna a rilasciare copia dei materiali realizzati alla Biennale di Venezia allo scopo di incrementare il fondo artistico e documentale dell’ASAC (Archivio Storico delle Arti Contemporanee) per utilizzi ai fini istituzionali, studio e d’archivio dell’Ufficio Stampa, nonché per il suo utilizzo nell’ambito di prodotti editoriali o ogni altra iniziativa anche con carattere commerciale che la Fondazione riterrà di avviare acquistando questa con la sottoscrizione della presente liberatoria ogni diritto di sfruttamento. La Fondazione garantisce che ogni utilizzo sarà accompagnato dalla menzione dell’autore.”
La domanda che sorge spontanea e sempre più ricorrente ormai, purtroppo, è perché mai fare il fotografo non debba essere considerato un mestiere come un altro. Per fare un punto sulla situazione delle tipiche frasi che capita spesso di sentirsi, voglio avvalermi dello splendido Bingo del preventivo di Sara Lando:
“E’ una cosa che volendo potrei fare anch’io” Benissimo allora accomodati pure.
“Invece della modella non hai un’amica un po’ carina?” Le modelle si pagano mentre le amiche no, senza tener conto del discorso di professionalità.
“Tanto non mi serve la post produzione” Certo le foto escono sempre pronte all’uso come no.
“Tanto poi c’è photoshop” Che rientra in teoria e anche in pratica nella post produzione e anche quella va pagata appunto.
“No le foto mi servono solo per [...] non serve che ti paghi i diritti” Anche solo [...] è un utilizzo che va pagato.
“Non possiamo pagare, ma ti facciamo pubblicità” Scusa ma è difficile da digerire, sono di bocca buona e ho lo stomaco delicato.
“Tieni conto che in futuro avrò un sacco di roba da fotografare” Tu intanto pagami adesso, beato chi ha un occhio domani.
“Non possiamo prenderla da internet?” Una delle mie preferite. Accomodati, ma allora che mi hai chiamato a fare e secondo, chissà come mai sono costretto all’uso di pesanti watermark.
Torniamo al nocciolo della questione, ormai in molti necessitano un fotografo per le più disparate esigenze, ma alla fine i conti sono sempre gli stessi. Neri o rossi che dir si voglia. Una bella pacca sulle spalle, una stretta di mano, l’offerta di alcuni beni materiali (magari gli stessi fotografati nel servizio), la promessa di trovare in futuro soldi per lavori importanti (quindi quello attuale e per il quale siamo stati già coinvolti non lo è affatto?!?), il prometterci che le nostre foto saranno accompagnate dal nostro nome (come se la cosa fosse minimamente in discussione, è un mio diritto). Tutto questo quando almeno il cliente ha avuto il coraggio di contattarci prima, spesso accade che invece le nostre foto siano passate dalle agenzie ai relativi contatti e che bisogni rastrellare a tappeto e costantemente i vari quotidiani, le riviste, i magazine alla ricerca di un possibile scatto, regolarmente non pagato e inseguire i creditori per mesi, se non per anni addirittura. Per una manciata di spicci il più delle volte.
Probabilmente anche i miei amici più stretti non sanno molte cose, quindi ne approfitto per chiarirle in questo post. Un corpo macchina di uso professionale costa parecchio, se vogliamo quantificare chiedete anche, ma ho evitato perché sembrava un’inutile ostentazione. Di solito si lavora con due corpi macchina. Per non parlare delle lenti, bisogna avere degli obiettivi in grado di coprire tutte le situazioni, quindi si parte dai grandangoli per arrivare a dei super tele per chi, come me, fa anche sport (in questo caso ci sono delle ottiche che costano quanto una macchina nuova). Tralasciando per comodità di spazio, non mi va di fare un elenco infinito, vi evito tutti gli altri strumenti e accessori comunque di vitale importanza, ma passiamo al discorso spostamenti (vanno sempre pagati e i servizi non è che si facciano in casa), le trasferte, lo studio fotografico o anche la casa (se si è agli inizi e non ci si può permettere di pagare uno e l’altra), poi delle banalità di uso quotidiano che dovrebbero conoscere tutti: cibo e vestiario. La morale della favola è che con la pubblicità o i cambi merce io personalmente non ci campo. L’attrezzatura l’ho pagata. Spostarmi lo faccio. Le ore per effettuare il servizio e la post produzione le impiego. Quello che sarebbe simpatico da vedere è che la controparte facesse il suo, ovvero pagarmi il giusto. Come se facessi il fornaio, il benzinaio, l’impiegato o quel che vi salta in mente. Non faccio le foto per sport, voi sì?
O probabilmente se la fotografia deve veramente essere considerata una cosa così, di poco conto, che non merita di essere retribuita, allora penso che applicherò il discorso contrario: farò rifornimento di corpi macchina, obiettivi e tutto quello che di volta in volta mi servirà senza cacciare un euro, ma proponendo dei cambi merce con quello che ho a disposizione, tipo i gadget recimolati nel corso degli eventi. O meglio ancora, per non fare trto a nessuno, mi limiterò a stampare delle targhette adesive con il nome del fornitore che attaccherò alle singole cose.
La situazione è anche ancora più tragica per “noi” fotografi e/o professionisti della fotografia.
A ventidue anni sono partito da Roma alla volta di Milano, con la mia bella macchinetta di allora e tanta voglia di imparare il “mestiere”. Il mio desiderio di allora era fotografare le modelle. Dopo anni di gavetta sono finito a lavorare in una famosissima ed importantissima agenzia di moda, non come fotografo, ovviamente, ma come impiegato. Posso dirti che spesso e volentieri si presentano da noi ragazzine con dei book strepitosi, con un taglio dell’immagine così “accattivante” che le inserisci necessariamente in qualche sfilata o casting che sia. Unica nota dolente. Spesso quei book sono prodotti assolutamente ARTIGIANALI….a te, Francesco, la conclusione.
Francè mi dispiace tanto dover apprendere come nel mondo della fotografia, come anche in altri mondi, la strada per trovare un proprio spazio e affermarsi ed esser ripagato per l’impegno profuso sia costellata di mille difficoltà che cercano di sfiancarti e farti cedere il passo.
Posso solo dirti che, anche se non sono un’esperta, devi continuare a combattere e a credere in ciò che fai, perché sono certa che riuscirai ad emergere e il tuo lavoro verrà retribuito come meriti (certo, speriamo quanto prima!). Sei un ottimo fotografo ed anche un abile narratore di vita, capace di catturare in uno scatto l’attimo che fugge, ma purtroppo viviamo in un mondo dove i più furbi cercano di sopraffarti e di calpestarti senza voltarsi indietro… Non mollare Francy!
Grazie per l’incoraggiamento, non mollerò, era solo uno sfogo, ogni tanto ci vuole, poi si rialza la testa e si torna a tentare e tentare.
Ciao Francè, ho letto il tuo interessante post di “sfogo”. Premesso che devi sicuramente continuare, secondo me è l’aspetto commerciale che dovresti curare di più. Non puoi pensare “ho fatto delle belle foto, ora perchè non te le compri?”, perchè magari il cliente non voleva quello, ma altro. Allora parti dalla richiesta, ovvero parti dal cliente. Cerca i clienti e vendi prima di produrre/fotografare/realizzare. Prova ad accordarti prima con i possibili acquirenti. Chiedi un acconto, saldo alla consegna… saranno consigli banali, sicuramente lo avrai già fatto, o forse penserai “se era cosi semplice…” ma prova a proporti e a fornire un SERVIZIO, ovvero un pacchetto di opportunità e di scelte, a cui associare lentamente dei prezzi. Non vendere la sola foto, vendi quello che c’è intorno, foto compresa. E intanto prova a seguire un corso di marketing, per vendere… te stesso! Ciao!
I consigli degli amici non sono mai banali. Per quanto molte di queste cose le faccia già, seguire un consiglio di marketing o comunque qualche strategia per “piazzarmi” meglio non guasta mai. Grazie dell’interessamento, ti pagherò la consulenza nel momento della svolta