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Da prendere a piccole dosi: la recensione in anteprima di No problem

Uscirà il 10 ottobre No Problem, commedia di e con Vincenzo Salemme, affiancato sul grande schermo da Sergio Rubini e Giorgio Panariello che vanno a comporre un trio – non per forza di cose unito e all’unisono – capace di regalare ottimi momenti di comicità.

No Problem Poster Italia

La pellicola della Medusa propone una storia dall’intreccio abbastanza chiaro, seppur lo voglia mascherare con fronzoli e camuffamenti complicati che si potevano evitare benissimo: Arturo (Salemme) è un attore di una fiction televisiva e rischia di essere schiacciato dalla bravura di Federico, un giovane bambino che ha un notevole talento, al pari della sua antipatia; Enrico (Rubini) è il bizzarro agente che cerca di fare di tutto per salvare il proprio conto in banca e di conseguenza quello del suo assistito, tanto da voler approfittare della strana situazione che vede Mirko (Leonardo Bertuccelli) sostituire la figura paterna con quella dell’attore.

L’accoppiata SalemmeRubini risulta riuscitissima per la goffaggine di quest’ultimo nell’utilizzo della lingua italiana, storpiata in mille occasioni con parole che stonano e puntualmente corretto dal primo, ma a lungo andare il personaggio di Enrico Pignataro diventa un cliché di se stesso e finisce con lo stancare.

Allo stesso modo il salvagente della pazzia, che caratterizza Panariello, viene fin troppo abusata nel film, che riduce il nostro a un mondo di matti in circolazione, presunti o fittizi che siano: la presenza dei due gemelli (Fabrizio e Francesco Ceccarelli è a dir poco inutile e troppo abusata nel panorama cinematografico recente. Ridondante e noiosa! Lo stesso Panariello, seppur riesca a far sorridere in un paio di occasioni, risulta forzato e fine a se stesso, nonostante gli si sia provato a dare una collocazione essenziale.

Il bambino ha, nonostante il trauma subito, il richiamo ad una follia, così come la madre e le sue escandescenze mai misurate; i padroni di casa e i nipoti si allineano su questa stessa corrente e quello che ne esce risulta offuscato da un velo di superficialità: ricorrere alla follia o alla “stramberia” è un po’ un mezzuccio come l’erotismo utilizzato da quei pubblicitari, che preferiscono mettere un po’ di curve al punto giusto, piuttosto che strabiliarci con estro e creatività.

Consigliato per una visione casalinga…

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